out of key


New Orleans, Louisiana
ore 02.23 A.M.

Casa di Garrika King non è grande né piccola. E' esattamente della grandezza che viene assegnata a nuclei familiari di quattro persone lì a Magnolia. E' più grande di quella in cui sono stati a Philadelphia, a Panama Street, questo è certo, ma Garrika avrebbe preferito rimanere a nord, lontana da New Orleans. Andre ha insistito per riportarli in Louisiana, hanno fatto le valigie e traslocato di nuovo nel giro di quarantotto ore. Adesso i suoi figli - una bambina riflessiva e un adolescente ruspante - dormono entrambi nella loro stanza. Lei aspetta sullo stretto divano in soggiorno, tra le dita uno smartphone di vecchia generazione che replica all'infinito le immagini di un ampio velivolo che si schianta contro un mostro grande come un palazzo, spingendolo in avanti in un portale in cui sparisce. E il velivolo con lui. Philadelphia.

Sente la chiave di Andre graffiare la porta, sbattere almeno quattro volte prima di trovare la sua strada nella serratura. Si asciuga il viso e si alza in piedi. Quando suo marito barcolla all'interno, trascinando i piedi e rischiando di inciampare più di una volta in tre metri, lei deglutisce il nodo che le stringe la gola e si sforza di non rovesciargli addosso tutta la sua delusione, come fa sempre. Andre, che non si aspetta di vederla sveglia, tende un sorriso che muove solo le labbra, lasciando gli occhi appannati. "Sei proprio la più bella delle stronze quando m'aspetti sulla porta, ah, Gar Gar?", farfuglia mentre si appoggia al divano e poi ci si schianta. Garrika si asciuga gli occhi per la seconda volta.

"Ha chiamato tua madre due ore fa."
"A-ah? Mi prendi un bel bicchiere d'acqua, mi fai il favore?"
"Si tratta di tua sorella."
"Di nuovo, ah-- da mangiare? Me l'hai lasciato qualcosa per cena? Sto morendo di fame."
"Andre."

Andre. La voce di Garrika si spezza su quelle due sillabe in maniera più chiara, Andre drizza le antenne e oscilla occhi opachi su di lei. Da qualche parte sul retro del suo cervello suona, flebile, la sirena di un allarme mormorato. Tiene la bocca aperte, il corpo abbandonato sul divano, le pupille tutte tirate a destra, su Garrika. Il capo non lo volta, quello no: sa che è meglio tenerlo defilato se non si vogliono prendere i pugni sul naso.

"Ha chiamato per tutta la sera dicendo che aveva avuto un incubo dei suoi, era agitata, Roe è andata da lei. Poi due ore fa l'ha chiamata Lucas Black, ed è tua sorella, Andre..."
"Cosa è successo?"
"Non lo so. E' scomparsa. Era assegnata a una missione e... in tv continuano a mandare il video: un aereo che si schianta contro un mostro di dieci metri e poi scompare assieme a lui. Lucas Black dice che quell'aereo lo pilotava lei."

Sotto qualsiasi cosa stia Andre King, non gli impedisce di capire, ma gli toglie tutto il peso della consapevolezza. Sprofonda nel divano senza dire niente, le pupille tornano per inerzia di fronte a sé, prive di messa a fuoco. Boccheggia a vuoto un paio di volte, mentre sua moglie rimane in piedi di fronte a lui, esasperata dalla sua immobilità.

"Andre, mi hai sentito? Rebecca è dispersa. Rebecca è morta. Di' qualcosa."

Lui scuote il capo molto piano. Si sfiora con le dita i tatuaggi con i nomi dei suoi due fratelli: glieli ha disegnati sulla pelle sua sorella, e lui ha tatuato gli stessi nomi su di lei.

"Ho solo due polsi", mormora. sembra quasi distratto. "Ho solo due polsi, e nessuno di loro avrebbe mai dovuto lasciare New Orleans."

* * *

Tyonda King si è premuta una mano sulla bocca mentre sua madre la raccoglieva tra braccia solide. Lucas Black, dall'altro capo della linea, esitava nel dirle che avrebbe voluto sapere come si fa a pregare. Tyonda scuoteva il capo e si impediva di piangere. "Devi riportarla a New Orleans, Lucas Black" gli dice, con un tono più deciso di quello che ci si potrebbe mai aspettare. "Tutta questa follia non ha più un senso. Devi trovarla. E una volta trovata, devi riportarla a New Orleans."