a losing game



[...] Ma non partiamo dagli stessi presupposti, no? «Si sporge appena in avanti, d'istinto.» Per me è successo che un mio presunto amico ha sparato senza motivo al mio fidanzato, non degnandosi poi di cercarmi nemmeno mezza volta in un mese. «Arriccia le labbra in una smorfia accennata, che sostituisce senza troppo trasporto una scrollata di spalle.» Per te è lavoro.

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New Orleans, 2020

Sente la terra smossa dietro la nuca. Il cielo limpido le pesa sul petto come le peserebbero esattamente quindici metri cubi di suolo. L'ultima cosa che si sono detti, lei e Jamal, è stata buona fortuna. Infila le dita nel terreno, fin dove arriva. Cerca di farsi albero, piantare le radici, lasciarsi crescere addosso il muschio d'inverno, venire riassorbita fino al cuore della terra. Ma è solo un fazzoletto verde in una scatola di cemento crepato. Si bussa contro il petto per essere sicura di averci ancora qualcosa dentro. Chiude gli occhi e le sembra di sentirne l'eco, e pensa che quello sia il dolore più grande al mondo, ignorando che di peggiore di perdere un fratello esista soltanto perderne due. E che le sue ossa sono in grado di assorbire entrambi i colpi.

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«[...] Si passa la lingua tra le labbra, le sopracciglia si sollevano per un secondo solo alle sue ultime parole, come tirate da due ami fragili. Alza gli occhi su di lei. Si passa la punta della lingua contro il palato, esita visibilmente. Ma qualsiasi cosa volesse dire, non la dice. Invece sospira, scuote leggermente il capo, fa scivolare gli occhi di latogià. Per me è lavoro.