your chance to transform


E' quello che fai. Scelte impulsive dettate da emozioni uguali a fuochi d'artificio: spettacolari e brevissime. Un giorno qualcuno ti ha detto di vivere ogni giorno come fosse l'ultimo e hai iniziato a farlo, hai iniziato a impegnarti per sentire ogni cosa al duecento percento come le Forze Speciali ti avevano chiesto di non fare mai. Hai compresso nel petto così tanto dolore e tanta gioia che lo sforzo ti ha cambiato la spina dorsale, l'assetto delle ossa. Nelle vene ti scorre il cherosene, il tuo cuore è un innesco e il battito una miccia. Ti lasci conquistare da passioni che bruciano quanto bruci tu senza pensare che dopo il fuoco c'è la cenere. Ti pentirai di tutto.
All'improvvisato banchetto nella mensa del General Hospital, ai loro ospiti precettati a un arrivo rapido si mischia qualche paziente insonne, attirato dal rumore. Lei indossa un vestito ampio e pieno di colori, e per tutto il tempo non ha fatto che appoggiarsi al suo bastone, poi a Marcus, poi a suo marito. Dal suo posto ascolta, affaticata dalla serata, i racconti di Hoover e dei suoi tempi nell'FBI e nella polizia di New York. Non parla del suo periodo sotto copertura, non parla di niente di cupo, o triste, o doloroso. Non parla di tutti i criminali a cui ha sparato con l'intento di ucciderli. Sembra un uomo nuovo, diverso, con buoni sentimenti e buone intenzioni incastrati nei baffi. Lo ascoltano tutti, anche Iris e Marcus. Lui l'ha accompagnata all'altare come forse avrebbe fatto Antoine Batiste se l'uragano non se lo fosse portato via, la sua perdita sciacquata via da una tragedia più grande e più urgente. Dana ha sparso petali di fiori lungo una navata improvvisata, e lei l'ha percorsa lentamente perché non le venisse il fiatone. Prima di fare il primo passo, a Marcus ha detto: è merito tuo, è merito vostro. Un'ora prima, ha osservato Cameron Levy superare la porta della loro stanza con tutto ciò che lo aveva incaricato di prendere, un collage di oggetti e di promesse che ha trascinato tra le braccia insieme a Dana. Quando ha baciato per la prima volta suo marito, non aveva in circolo abbastanza morfina per non sentire la fitta di dolore che le ha attraversato il petto (le ha urlato nelle orecchie: durerà finché i tuoi nemici non impareranno che l'unico modo per ucciderti è spararti esattamente in mezzo agli occhi).

Ma poi Connor, ubriaco, la solleva di peso dal suo posto e le chiede di ballare. Lei accetta a patto che sia lui a trascinarla, a non farla cascare. A ogni giro che fa,  ben attaccata al suo corpo gelido, gli occhi le tornano sulla tavolata occupata da quella minuscola casa che si è costruita a Philadelphia. E' bassa e fragile, fatta di paglia, inadatta a resistere a un altro uragano. Ma è fatta di persone che provano a fare del loro meglio ogni giorno. E' più di quanto avesse a New Orleans? Di sicuro è più di quanto abbia mai avuto nelle Forze Speciali. Ed è abbastanza.

E' abbastanza perché non l'ha ereditato: l'ha costruito. Ha costruito il rispetto e l'onestà, e ha accettato di dire la verità e di farsi dire la verità. Ha chiesto fiducia, l'ha chiesta ogni giorno. E l'ha ricevuta. Senza aspettarselo, troppo presto o troppo tardi rispetto a quanto pensasse, ma l'ha ricevuta.

Connor la fa di nuovo girare, e lei guarda sulla sua spalla. Lucas le sorride, e lei sorride a lui. Se ha costruito tutto quello, allora forse è in grado di costruire anche qualcos'altro, qualcosa che duri. Un matrimonio.
"Siete tutti bellissimi."
Deve essere il modo in cui la felicità veste i volti delle persone. Li illumina, li rischiara. Dismette ogni ombra, anche la più resistenti.



Wasting on nothing
Effortlessly you appear
Sound of the thunder
Reverberate in your ear
This is a slow dance,
This is a chance to transform,
Pause for the silence,
Inhabit the calm of the storm

This is your ocean
Your ocean of night
This is a motion
Your ocean of night
This is your ocean,
An ocean of night,
This is a notion,
Your ocean of night

Love is a feeling
Buried with me in the yard
Gaze at the skyline,
Under the ocean of stars

This is your slow dance
And this is your chance to transform
Lost to a moment,
The moment you confront the storm

This is your ocean
Your ocean of night
This is a motion
Your ocean of night
This is your ocean,
An ocean of night,
This is a notion,
Your ocean of night

I am your hope down the wire,
So you can hold back the fire

half measure


Il sangue che ti lascia le vene è quello di generazioni di donne gigantesche e uomini troppo minuscoli per tollerarne il peso. Le prime, le tue antenate, nacquero, ma non sei sicura da chi: forse da uomini presi liberi dalle coste occidentali dell'Africa francese e trascinati schiavi nella terra di tutte le opportunità, o forse dagli stessi schiavi haitiani trasportati nelle piantagioni come merce. Vai indietro duecento anni, e quel sangue che stai perdendo appartiene a un uomo che si è rivoltato ai massacri dello zucchero per essere poi represso, braccato come un animale, decapitato dopo un processo sommario, la sua testa esposta a monito. Due secoli pieni, due secoli pieni più tardi i tuoi fratelli sono stati abbattuti come cavalli zoppi. La tua sopravvivenza è un miracolo, la tua stessa esistenza è incomprensibile, inspiegabile: dovresti vergognartene. Cosa sei?

Non sei niente, sei una mezza misura. Una combattente mediocre, una leader insufficiente, un'amante infedele, una figlia e una sorella lontana, una soldatessa insubordinata. Una mulatta, che tu lo voglia riconoscere o meno, che ha dimenticato da dove viene, resa pigra da un uomo troppo indulgente e un buono stipendio in una città piena di locali alla moda; pronta a firmare contratti, mutui, scrivere regole e farle applicare, come se fosse una tua prerogativa. Ma tutto torna alle sue radici quando sanguini: recuperi prospettiva, vedi che nulla di tutto questo ha alcun valore, non ce l'ha mai avuto, è di carta sottile e uno solo gesto può strapparlo in due. 

Perché il cerchio si chiude e tu sei solo un'impostora. Questo non è il tuo posto, questa vita non è la vita che avresti dovuto condurre, la casa che comprerai non è casa tua. Mostri che generano mostri che combattono mostri ma le tue fauci sono solo denti, i tuoi artigli solo unghie, il tuo esoscheletro solo pelle mista, il tuo cuore solo un muscolo che ti verrà strappato dal petto, come hanno promesso. I tuoi sogni, da oggi in poi, sono solo gli incubi che i tuoi nemici ti hanno regalato. La rabbia e il risentimento invece non te li ha piantati nel cervello nessuno: sono sempre stati lì, arpionati alle viscere prima che alla testa. Fanno parte del tuo set genetico non meno degli occhi a mandorla e una leggera propensione alla tossicodipendenza. Hai pensato di essere la persona che si ustiona le braccia dalle mani ai gomiti per salvare una sola persona. Quella che si sacrifica per eliminare una minaccia divina. Quella che rinuncia alla vendetta in cambio della Legge.

Ma cento buone azioni non ne cancellano una cattiva. E quindi sei ancora la donna che ha gettato un borsone nero nel Mississippi e l'ha guardato andare a fondo. E sei, irreparabilmente, la stessa persona che ha permesso e incoraggiato la tortura di un diciassette innocente in un campo carcerario al confine di Israele. 

- - -
"Cosa vuol dire Osley?"
"Il suo vero nome è Camp Oysleyz. E' Yiddish, vuol dire: redenzione."

aeons


Lucas oggi mi ha detto.
Sai che non sono brava in queste cose per cui dirò solo:
Auguri Rebecca. 
 - - - 
Thank you.
Mentirei se dicessi che vedere te e Marcus non abbia influito, in qualche modo. 
- - - 
Me e Marcus... davvero? Perché?

 Tarda a rispondere. Quando è andata al loro matrimonio era sola. Si è seduta in fondo e ha guardato la cerimonia in silenzio. Per tutto il tempo la felicità per un amico si è mischiata all'ansia di non essere destinata, di non essere fabbricata per quel tipo di relazioni che durano per sempre. Di non averne la costanza. Che senso ha giurare a una persona un amore eterno se non si ha garanzia alcuna sull'eternità? Quante volte è finita in ospedale solo negli ultimi dodici mesi? Quante volte Lucas ha lasciato le Special Forces salvo poi tornarci pochi mesi dopo?

Non è un modo di vivere, ha ragione sua madre. Eppure mentre guardava Marcus e Iris dirsi per sempre, ha pensato che per loro non voleva dire dieci, venti, trent'anni. Per loro per sempre voleva dire un secolo, forse due. Che garanzie avevano che due secoli non li avrebbero distrutti, separati, allontanati, uccisi? Però erano lì, di fronte a tutte le persone a loro care, a giurarsi che cento anni dopo sarebbero stati ancora lì.

Mesi dopo, davanti agli occhi ha tutti i suoi mostri. Lucas Black le dice che morire lì gli va bene, se vuol dire non dover passare il resto della sua vita con una persona che ha fatto quello che ha fatto lei. Le sfugge tra le dita, come l'acqua non può trattenerlo stringendo. Il terrore di non saperlo difendere e quello di doverlo difendere da se stessa si mischiano in un'emicrania che le riempie la testa delle parole esatte che le dissero per informarla che suo fratello era morto. Che i suoi fratelli erano morti. La voce di una sconosciuta trova echi in mezzo alle sue tempie, le promette che le strapperà il cuore. Cerca di raggiungere Lucas, di proteggerlo, di trattenerlo. Il dolore improvviso la trascina cento metri indietro. Un telepate, ha detto lui. Un telepate, le martella dietro la nuca quando tutto sembra perduto e minacciano di farle domande. Un telepate potrebbe scoprire tutto. Accarezza l'idea di puntarsi la pistola contro la testa, ma i suoi nemici le tolgono la scelta. Ogni muscolo teso si scioglie e lei non sente più niente. Un cuore debole che pompa nelle vene sangue destinato a lasciarle il corpo. Diventa sempre più pallida. A Iris, alla sua domanda, non ha ancora risposto. Anche potesse, adesso non saprebbe più cosa dirle.

I like it when you drive


"Non pensavo avresti avuto il coraggio di rifarti più viva, Rebecca". Lei sospira a fondo e prende dalle sue mani il bicchiere di cognac che le porge. E' seduta sul bordo di un divano grande, alla sua sinistra una parete scoscesa interamente di vetro da cui filtra il buio della notte. Casa di Michael Green è fatta di linee spioventi e tinte futuristiche, arredamenti essenziali, un bel pianoforte che lui sa suonare alla perfezione. "Avevi ragione tu, l'ultima volta ero ubriaca. Non sarei dovuta venire qui. Scusami". Michael versa per sé un whisky liscio e non finge di non aver visto l'anello di fidanzamento che indossa. "Suppongo tu non sia venuta qui a riprendere il discorso", con un sarcasmo asciutto, infelice. Rebecca sorride. "No. Ho un favore da chiederti". 

"Riguarda il tuo fidanzato?"
"Sì."

Michael è un tipo intelligente, ma ha smesso da anni di felicitarsi ogni volta che ha ragione. Invece soffia tra i denti un sorriso amareggiato e incredulo. Pieno dei fumi dell'alcol.

"Ora io ti risponderò di no, e tu mi risponderai che te lo devo."

Rebecca rimane in silenzio, con il bicchiere in mano e i gomiti sulle ginocchia. Con gli occhi lo segue muoversi stizzito, poi lasciarsi ricadere seduto sulla poltrona di fronte a lei. 

"Ma io non ti devo niente, Direttrice King. Non sei una mia superiore, né lo sei mai stata. Non ti ho mai fatto torti, solo il mio lavoro. E se ora non sei in una prigione militare è probabilmente grazie a me. Se ora sei viva, e ti senti una persona migliore, è perché hai avuto occasioni che senza di me non sarebbero mai state possibili. Quindi non ti devo niente."

Rebecca rimane in silenzio, gli occhi bruni gli premono nei suoi come la punta di un fioretto spinta in avanti con costanza. 

"Non ho bisogno della tua amicizia, né del tuo perdono. Di sicuro non di qualsiasi bolo nero di sentimenti e segreti che avevamo ai tempi di Israele. Sei sempre stata una disonesta. Mi hai usato per non pensare a quello che stavi facendo, e io lì, come un idiota, a darti corda. E ora vieni qui, a chiedermi aiuto. Dopo tutto questo."

Lo sguardo è pieno di buio infetto, contagioso. La sicurezza di Rebecca si infrange come il bicchiere che lui schianta contro il muro di vetro. Lei, presa di sorpresa, trasale. Se non sembra spaventata, sembra di sicuro piena di stupore. Di indecisione, una volta tanto. Rimane sul bordo del divano, mentre guarda Michael riprendere pian piano il controllo su se stesso. Un funambolo che è scivolato nel vuoto. Un inciampo, una mano sola a reggerlo alla corda su cui prova a risalire.

"Avanti", la implora poi, senza il coraggio di alzare la testa. Rebecca tentenna, poi lui ripete più forte: avanti.

"E' tornato da una missione con le Forze Speciali da poche settimane, i fascicoli sono sotto segreto. So che era stato selezionato per neutralizzare un telepate che aveva già fatto parecchie vittime, e che era in Siria. Ma nulla di più. Puoi scoprire cosa gli è successo?"

Michael scuote il capo, lo oscilla, lo ruota. Guarda nella notte. 

"Cosa ti fa pensare che gli sia successo qualcosa?"
"Lo so e basta."
"Se è sotto segreto dubito riuscirò a scoprire qualcosa."
"Ma puoi provare?"

Michael rimane in silenzio. Sospira a fondo. Rebecca sospira a sua volta. Poggia il cognac e si alza in piedi.

"Grazie."
"Deluderai anche lui. Lo sai già. Come hai deluso me."

Rebecca sorride, si sfiora il fianco dove le sembra di aver ricevuto la stoccata. Asciuga il sangue e soffia via il dolore, come le hanno insegnato. Non se la prende, come le hanno insegnato.

"Se ho smesso io di vivere nel passato, magari puoi farlo anche tu", si congeda. Disingaggia e se ne va prima di dargli un'altra occasione di bucarle la pelle. Esattamente come non le hanno insegnato.

- - -

"Ora guida. Mi piace quando guidi."


doomsday


Philip la raggiunge e si siede accanto a lei, come al solito: sul bordo del tetto con le gambe che pendono nel vuoto. Le prende dalle dita la sigaretta mezza fumata e se la tiene per sé. Sotto i loro piedi, un'intera città dorme. Nelle sue strade si annida l'innesco per la fine del mondo, e Rebecca King è una delle poche decine di persone autorizzata a saperlo. "E ora che farai?", le chiede Philip.

"Torno a casa mia con il mio uomo, e tu dovresti fare lo stesso - risponde lei. Ritira le ginocchia e si alza in piedi - da domani avremo solo giornate difficili", sospira. E sospira anche Tremaine. "Direttrice", la saluta. Non la guarda neanche andare via: come tutti quelli che hanno letto il fascicolo Alpha Event, ha e avrà in testa una cosa sola. 

It's the end of the world as we know it,
yeah it's the end of the world as we know it,
it's the end of the world as we know it,
and I feel fine.