half measure


Il sangue che ti lascia le vene è quello di generazioni di donne gigantesche e uomini troppo minuscoli per tollerarne il peso. Le prime, le tue antenate, nacquero, ma non sei sicura da chi: forse da uomini presi liberi dalle coste occidentali dell'Africa francese e trascinati schiavi nella terra di tutte le opportunità, o forse dagli stessi schiavi haitiani trasportati nelle piantagioni come merce. Vai indietro duecento anni, e quel sangue che stai perdendo appartiene a un uomo che si è rivoltato ai massacri dello zucchero per essere poi represso, braccato come un animale, decapitato dopo un processo sommario, la sua testa esposta a monito. Due secoli pieni, due secoli pieni più tardi i tuoi fratelli sono stati abbattuti come cavalli zoppi. La tua sopravvivenza è un miracolo, la tua stessa esistenza è incomprensibile, inspiegabile: dovresti vergognartene. Cosa sei?

Non sei niente, sei una mezza misura. Una combattente mediocre, una leader insufficiente, un'amante infedele, una figlia e una sorella lontana, una soldatessa insubordinata. Una mulatta, che tu lo voglia riconoscere o meno, che ha dimenticato da dove viene, resa pigra da un uomo troppo indulgente e un buono stipendio in una città piena di locali alla moda; pronta a firmare contratti, mutui, scrivere regole e farle applicare, come se fosse una tua prerogativa. Ma tutto torna alle sue radici quando sanguini: recuperi prospettiva, vedi che nulla di tutto questo ha alcun valore, non ce l'ha mai avuto, è di carta sottile e uno solo gesto può strapparlo in due. 

Perché il cerchio si chiude e tu sei solo un'impostora. Questo non è il tuo posto, questa vita non è la vita che avresti dovuto condurre, la casa che comprerai non è casa tua. Mostri che generano mostri che combattono mostri ma le tue fauci sono solo denti, i tuoi artigli solo unghie, il tuo esoscheletro solo pelle mista, il tuo cuore solo un muscolo che ti verrà strappato dal petto, come hanno promesso. I tuoi sogni, da oggi in poi, sono solo gli incubi che i tuoi nemici ti hanno regalato. La rabbia e il risentimento invece non te li ha piantati nel cervello nessuno: sono sempre stati lì, arpionati alle viscere prima che alla testa. Fanno parte del tuo set genetico non meno degli occhi a mandorla e una leggera propensione alla tossicodipendenza. Hai pensato di essere la persona che si ustiona le braccia dalle mani ai gomiti per salvare una sola persona. Quella che si sacrifica per eliminare una minaccia divina. Quella che rinuncia alla vendetta in cambio della Legge.

Ma cento buone azioni non ne cancellano una cattiva. E quindi sei ancora la donna che ha gettato un borsone nero nel Mississippi e l'ha guardato andare a fondo. E sei, irreparabilmente, la stessa persona che ha permesso e incoraggiato la tortura di un diciassette innocente in un campo carcerario al confine di Israele. 

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"Cosa vuol dire Osley?"
"Il suo vero nome è Camp Oysleyz. E' Yiddish, vuol dire: redenzione."