"E l'unica cosa che a lei veramente dà fastidio è che ci possono essere, là fuori, persone che non hanno passato la vita in un monastero d'addestramento e che riescono comunque a fare cose straordinarie."
Rebecca King entra nelle Special Forces prima dei vent'anni. Ha già fatto il suo tempo nell'esercito e si è distinta per i suoi punteggi. La prima cosa che i Green Berets le chiedono di fare non è però combattere, ma studiare. La mettono di fronte ai libri, la costringono a imparare l'arabo in maniera dignitosa e a pensare prima di agire. Prendono un cane irrequieto e gli chiedono di suonare il pianoforte. E quello lo fa. Rebecca lo fa. Impara, assorbe, si costringe ad essere la versione migliore di se stessa. Per dimostrare che può farlo. Che il suo passato non è il suo destino.
Anni dopo Michael Green bussa alla sua porta con due militari che le piantano un paio di manette attorno ai polsi. Lei si agita come quella creatura irrequieta che è state, e mentre la portano via cerca Michael con gli occhi. Lui le dice che andrà tutto bene. Lei gli chiede: che hai fatto? Poi lo urla: cosa hai fatto, Michael? Altri due membri del suo gruppo vengono trascinati via con lei. Tenuti in celle separate, non comunicanti. Ce li lasciano ventiquattro ore prima di farli uscire. In quelle ventiquattro ore, Rebecca sente nelle viscere che c'entra Osley, in qualche modo. Ma ancora non ha rimorsi, o sensi di colpa. Si sente solo tradita. Ma si sente nel giusto.
Si sente nel giusto perché pensa di essere esattamente questo: eccezionale. Capace di cose straordinarie, anzi: nata per cose straordinarie, e per questo autorizzata a perseguire gli obiettivi che le vengono assegnati con tutti i mezzi a disposizione. Le ci vorranno mesi per capire che violare leggi internazionali non la rende migliore. La rende sono una criminale. Se l'è ripetuta davanti a uno specchio: criminale. Ci si è chiamata mentre si toccava la faccia e si chiedeva se era questo l'aspetto di una criminale. Mentre si asciugava i capelli. Mentre si lavava i denti. Mentre indossava la divisa.
Quando l'hanno promossa a Direttrice e le hanno detto che è la più giovane incaricata di tutta la costa orientale, l'ha sentito di nuovo: quel senso di eccezionalità. La pretesa di essere destinata a cose straordinarie. E' riuscita a spaventarsi da sola. Si è chiusa in un bagno per vomitare, e quando ha avuto un weekend libero ha dormito per due giorni di fila, sperando che le coperte del letto potessero nasconderla. Tanto Lucas non c'era. Non poteva vedere.
Lucas non sa. Quando torna a casa alle quattro del mattino con l'odore di margarita addosso, non le fa domande. Prova ad abbracciarla, ma lei gli sfugge sollevando le braccia fasciate, usando quelle come scusa. Lui non prova a chiederle cosa è successo: sa già che lei non può dirglielo, e non potrà dirglielo finché non rientrerà in servizio. Questione di pochi giorni. Poche settimane, al più - Rebecca lo osserva dormire e si chiede se, senza il lavoro condiviso, potrebbero resistere. Si sistema al lato, come se al centro del letto ci fosse un solco. Due placche che il terremoto allontana. E poi Lucas non sa. Lei si consola dicendosi che non ha voluto sapere. Di Osley, certo, né di quello che ha fatto per 'Dre, di cosa conserva il letto del Mississippi. Se lo sapesse, lo perderebbe. Se sapessero, non ci sarebbe pozzo sufficientemente profondo in cui gettarsi per non farsi raggiungere dal loro disappunto.
"Se non te lo chiedo, è perché hai ventisei anni e sei arrivata all'apice della tua carriera. E non ho alcun diritto di sapere perché fai quello che fai."
Da adesso in poi si può solo cadere. Rebecca spalanca le braccia ustionate per stare in equilibrio. Se lui non ha fatto la domanda, lei ha comunque pensato alla risposta. Perché è lì? Il fuoco le ha sciolto la pelle e con la pelle i tatuaggi. I nomi dei morti. Le scaramanzie dei vivi. Tariq e Jamal li ha tatuati 'Dre sui suoi polsi, e lei li ha tatuati a lui. Adesso che sta facendo le valigie per portare la sua famiglia il più lontano possibile da lei, Rebecca si chiede se non li dimenticherà tutti. E se loro non dimenticheranno lei.
When I was a child, I heard voices
Some would sing and some would scream
You soon find you have few choices
I learned the voices died with me
When I was a child, I'd sit for hours
Staring into open flame
Something in it had a power,
Could barely tear my eyes away
All you have is your fire.
And the place you need to reach -
Don't you ever tame your demons
But always keep 'em on a leash
When I was 16, my senses fooled me
Thought gasoline was on my clothes
I knew that something would always rule me
I knew the scent was mine alone
When I was a man I thought it ended
When I knew love's perfect ache
But my peace has always depended
On all the ashes in my wake.