lionheart

Alle quattro del mattino Rebecca King guida una jeep nera col motore potente, le strade sono sgombre, quasi sgombre, forse sgombre. Scivola in autostrada anche se non deve andare da nessuna parte, rilassa il busto contro lo schienale del sedile e alza il volume della radio. Si sistema nella carreggiata centrale, poi inizia a premere l'acceleratore, puntando ad arrivare in fondo. Prende un respiro profondo, uno solo. Stringe le mani ustionate attorno al volante, poi rilassa le dita. Chiude gli occhi, oltre le palpebre intuisce solo il riflesso dei fari che divorano l'asfalto un pezzo alla volta. Solleva i palmi, lo fa molto lentamente, finché tra lei e il volante non c'è più contatto, nessun contatto tra lo sguardo e ciò che avviene oltre il parabrezza. Conta in punta di labbra.
Uno, c'era il battito di un cuore sotto il pavimento e il pavimento ero io. Ho aspettato che non ci fosse nessuno in casa e poi ho divelto me stessa un pezzo alla volta, e ogni angolo di buio che scoperchiavo mi terrorizzava ma sono andata avanti lo stesso perché ho imparato questo, anni fa: a non mentirmi. 
Due, Tara mi diceva che merito molto meglio di me stessa e che questa cosa deve cambiare, quando mi hanno preso nelle Forze Speciali pensavo fosse cambiata. Sono anche andata a dirglielo col petto gonfio, e lei mi ha detto complimenti anche se era un orgoglio stupido e lo è stato poi, più tardi, mi ha fatto fare cose avventate e mi fa fare cose avventate anche oggi. 
Tre, non lo so cosa mi è successo nella testa per cui mi sento qualcuno solo quando rischio tutto, quando mi faccio male, quanto mi sparano o quando salto da un grattacielo, quando non so come atterrerò. Non c'è colpa nel voler sentire qualcosa di diverso dall'assenza, dal vuoto, dal sapore della ruggine. Non c'è colpa nel decidere che la legge è preferibile al caos e alla giustizia privata anche quando è imperfetta e non c'è colpa nello sparare ai criminali: è il nostro lavoro. Sono tornata qui per questo, per un lavoro senza ombre, con linee precise dentro cui muoversi e io ho fatto questo, ho camminato dentro le linee, l'ho fatto sempre, a volte l'ho fatto troppo. Forse ho sbagliato quello. Forse avrei dovuto preoccuparmi più dei risultati, questa gente non sarà mai felice finché non ci vedrà al tracollo.  
Quattro, quando dico che sono la direttrice dell'SCF Philadelphia la gente fa un passo indietro e mi dà del lei. Non volevo questo, non l'ho chiesto, mi è stato offerto e ho detto di sì perché così avrei potuto mandare più soldi a casa e perché ho pensato che se avessi avuto l'attenzione di tutta la città addosso sarei stata più rigorosa, più attenta a non sbagliare, e lo sono stata. Questo non riguarda il mio lavoro. Niente di tutto questo riguarda il mio lavoro. Riguarda solo un ragazzino che pensa di avere dei diritti su di me dopo avermi vista tre volte, e riguarda un uomo che si è pentito di quello che ha fatto, forse, ma l'ha fatto con me, non l'ho fatto da sola. Posso gestirlo, non è grave. Non lo è, non è grave, devo solo rimettere le cose al loro posto, in riga. Niente di tutto questo è grave. 
Cinque, c'era il battito di un cuore sotto il pavimento e il cuore era il mio. Ci sono dei fari dopo i tuoi. Apri gli occhi, adesso.
Solleva le palpebre e sbatte le mani contro il volante, vi si aggrappa, sterza lateralmente evitando di travolgere un'utilitaria sulla sua strada. I polsi le tremano, ma recupera il controllo della jeep. Decelera gradualmente, mentre il cuore le batte così forte da minacciare di esploderle nel petto. L'adrenalina le ribalta le viscere e il cervello. Rebecca King sa che la sua vita domani sarà diversa da ieri, di nuovo, che sta per cambiare casa, di nuovo. Il pensiero le riempie gli occhi di lacrime. Allora ride, ad alta voce, ride a polmoni pieni e a singhiozzi incontrollati. Ride per ricordarsi come si fa, per rimpararlo. Non c'è vergogna nel superarsi e andare avanti, nello scoprirsi di nuovo sola. Rebecca fucking King ha una maratona davanti a sé.



I'm going in for the kill
Doing it for a thrill
And now I'm hoping you'll understand
And don’t let go of my hand