torches in the night sky


Rebecca King si veste negli spogliatoi del Building. Indossa il giubbotto antiproiettile e lo prende a pugni per sentire i colpi rimbombare nella sua cassa toracica. Inspira a fondo, con la prepotenza di chi l'ossigeno deve conquistarselo prima di respirarlo. A mille e duecentoventi miglia da dove sua madre le ha detto che sarà sempre al sicuro, spera che il fuoco non le bruci i simboli di protezione che ha tatuato sulla pelle da anni, e che le hanno impedito di tirare le cuoia fino ad oggi. Lo crede davvero - crede che le benedizioni di sua madre funzionino, e spera che funzioneranno ancora per un po', visto che non vengono rinnovate ormai da almeno un anno. L'ultima volta che l'ha vista le ha detto che rifiuta tutte le sue storie - i loa, i santi e il voodoo -, ma la notte continua a lasciare offerte sotto lo zerbino dell'ingresso di casa sua. 

Aspetta che tutti siano usciti dallo spogliatoio, resta indietro. Seduta sulla panca, punta i gomiti sulle ginocchia e unisce le mani, stringendola l'una contro l'altra. Si passa le nocche sulle labbra, poi china il capo e le preme contro la fronte abbassata. Mormora una preghiera per se stessa e per Lucas, usando le parole che ha imparato a New Orleans, una vita prima. Non sa se funzioneranno anche a Philadelphia e si vergogna di pensare che abbiano mai avuto un valore anche in Louisiana, ma le dice lo stesso - ha paura ed è stanca di perdere persone. A ben vedere, è esausta.