Ma respira?
I medici dicono di sì, ed è l'unica cosa che possono dirle. E' arrivata dalla palestra del Building, senza neanche passare dalle docce, e indossa la bomber jacket a fiori direttamente sopra la canottiera. La stanza in cui l'hanno portato è singola, vuota. Ha pensato di andare sul posto, al Cimitero, ma i suoi uomini ci sono già, Lucas c'è già. Non poteva neanche rimanere ferma, però. Nell'accostarsi al letto di Maximilian Lee, si sente un'intrusa. Forse dovrebbe andare, ma non vuole lasciarlo solo. Mi può sentire? ha chiesto in corridoio. Probabilmente no.
Si siede. Non vorrebbe, ma stando in piedi le sembra di sovrastarlo, e non vuole incombere come si fa sulle bare aperte dei morti, esposte. Come si fa con i cadaveri: è bianco come un cadavere, immobile come un cadavere, ma deve rifiutare di pensare a lui in quei termini. Respira. A volte respirare è abbastanza.
"Mi dispiace, Lee. La gente dovrebbe essere viva o essere morta. Queste vie di mezzo sono l'inferno."
Lo mormora. Pensava che parlare a un comatoso l'avrebbe fatta sentire stupida, ma dire quelle cose ad alta voce ha un effetto stranamente catartico. Liberatorio. E' ciò pensava quando nessuno sapeva dire con precisione se Lucas sarebbe mai tornato a muoversi: che morire sarebbe stato meglio di scoprire il proprio corpo come una prigione con sbarre fitte. Inscalfibili. Si era scoperta a pensare con risentimento al futuro da badante che l'avrebbe aspettata, al fianco di un uomo infelice e immobile che non avrebbe avuto il coraggio di lasciare. Quando ricorda quelle sensazioni, va a cercare una fede all'anulare di Maximilian. Anche lui ha qualcuno che penserà le stesse cose? O forse quel qualcuno sarà una persona migliore di quanto non sia stata lei?
"E' questa città. Non ho mai rischiato la vita così tanto che in questa città. Nei reparti speciali dell'esercito ci sono regole, calcoli. Sai cosa accadrà o puoi prevederlo con una discreta approssimazione. Ma combattere contro queste cose-- non ci sono regole. Vale tutto e il contrario di tutto. E questo lavoro..."
Serra le labbra. E questo lavoro? Quando le Special Forces le hanno mostrato la porta, tutto ciò che desiderava era un'altra Prima Linea che la tenesse lontana da casa. Un'altra causa a cui dedicarsi anima e corpo, un altro qualcosa che le facesse alzare i livelli di adrenalina. Che le desse quel brivido.
"... Questo lavoro è la cosa che alla fine ti uccide. E' la responsabilità. La gente che si affida a te, che devi proteggere. E' una zavorra, ti bloccano i piedi. Finché non sei diventato troppo lento, troppo ragionevole, troppo impaurito all'idea di sbagliare. Diventi un bersaglio più facile in un ruolo che ti costringe ad essere esposto. E prima o poi arriva qualcuno che prende la mira e spara. E' un lavoro di merda. Mi dispiace che sia toccato anche a te."
E' un lavoro di merda, ma ce ne sono di peggiori. Torturare la gente è peggiore. Uccidere dei ragazzini è peggiore. Il pensiero le fora il cervello come un ago, e le fa male. Per non mettersi a piangere deve passarsi una mano sugli occhi e schiarirsi la voce due volte. A spingere i cattivi sentimenti nello stomaco è diventata eccellente, ormai.
"Ma sopravvivere a volte è solo una questione di volontà. Di testa dura prima che di pelle spessa. Io lo so, l'ho fatto. Hanno dovuto rianimarmi, due volte. E ho dovuto rianimare me stessa dalla merda che avevo in testa altre due volte. E sono la figlia di nessuno. Tu sei figlio di un Dio, e non c'è Dio che sappia quanto tempo ho passato a sperare che scompariste dalla faccia della terra e smetteste di causarci problemi. Cristo, vi ho odiato. Quindi prendilo come un voto di fiducia: ti conosco poco. Ma preferirei non scomparisti dalla faccia della terra."
Soffia tra i denti un sorriso nervoso, sbuffato, privo di felicità. Si sfiora la fede che porta all'anulare, piano. Schiude le labbra per dire qualcos'altro, forse, ma il rumore di qualcuno che in fondo al corridoio chiede di Maximilian Lee la convince ad alzarsi. Con le dita, sfiora il bordo del materasso sottile, passandoci affianco. Poi, con la massima discrezione, esce dalla stanza, dirigendosi verso le scale piuttosto che agli ascensori.